Il Vangelo nelle Americhe. Dalla barbarie alla civiltà. (Terzo capitolo del volume «L’Église au risque de l’Histoire»). Con un’appendice sul processo di beatificazione della Regina Isabella la Cattolica - Prefazione di Marco Tangheroni - Jean Dumont - Il 28 marzo 1991 il prefetto della Congregazione romana per la causa dei santi annunciava la sospensione del processo di beatificazione di Isabella la cattolica, la grande regina che, patrocinando il viaggio di Cristoforo Colombo alla volta delle Indie, aveva reso possibile la scoperta di un nuovo mondo e la sua evangelizzazione. La decisione, presa probabilmente sotto la pressione di numerosi esponenti ebrei e in particolare dell'arcivescovo di Parigi, cardinal Lustiger, oltre a non rendere giustizia alla memoria della grande sovrana, costituiva il peggiore modo con cui la Chiesa cattolica potesse preparare la celebrazione del quinto centenario della scoperta dell'America. La sospensione del processo di beatificazione di Isabella costituiva, infatti, in omaggio ad una logica ambiguamente ecumenica, un'obiettiva vittoria per i fautori di quella "leggenda nera", antiiberica e soprattutto anticattolica, imbastita a spese della cristianità dalle nazioni protestanti che, Inghilterra in testa, non potevano perdonare alla Spagna di essere arrivata prima nella conquista dei ricchi territori centro e sudamericani. E non a caso, sull'onda di quella prima "vittoria", i movimenti che contestavano i festeggiamenti per la scoperta e l'evangelizzazione del nuovo mondo si moltiplicavano, anche se le numerose "controcelebrazioni" del 1492 si sono distinte soprattutto per la mancanza di scientificità dei loro argomenti. Ormai infatti tutti gli storici seri sanno bene che le cause del regresso demografico delle popolazioni indigene dell'America centromeridionale non sono imputabili a massacri indiscriminati o a maltrattamenti, ma ai virus del morbillo e del vaiolo, di cui gli europei erano portatori sani, ma incolpevoli e di cui gli indios non possedevano gli anticorpi; sanno bene che se vi furono uccisioni o maltrattamenti (isolati), questi furono prontamente repressi dietro le denunzie della Chiesa cattolica e per iniziativa dei sovrani spagnoli, autori di una rigorosa legislazione a tutela degli indigeni, sanno bene che le denunzie di padre Bartolomeo de Las Casas sono in larga misura inattendibili e che comunque l'udienza che il sacerdote ottenne presso i suoi superiori civili ed ecclesiastici, sino a raggiungere la dignità vescovile, prova come la bilancia della giustizia pendesse tutt'altro che dalla parte degli encomenderos indegni; sanno bene che genocidi, brutalità, saccheggi furono commessi invece, a spese dei nativi, nell'America protestante, dove la sbrigativa pseudoteologia puritana identificò gli indiani con il diavolo. Per fortuna anche nel malinconico panorama editoriale che ha accompagnato, in Italia, le celebrazioni colombiane non sono mancati libri in grado di sfatare molti luoghi comuni nemici della Spagna, del cattolicesimo e soprattutto della verità, che si sono accumulati sino ai giorni nostri. Uno di questi libri è Il Vangelo nelle Americhe, tratto da "L'eglise au risque de l'histoire", di Jean Dumont, storico francese anticonformista. In questo suo libro lo storico francese non dice nulla che non sia già noto, ma il suo merito è quello di dirlo con chiarezza, con rigore, con serietà, raccogliendo in una sintesi aggiornata e completa quelle che presso studiosi di impostazione laica erano solo ammissioni isolate. Come ricorda Marco Tangheroni, insigne medievalista, nella sua prefazione, l'autore smonta i principali luoghi comuni della leggenda nera abilmente costruita attorno all'evangelizzazione dell'America. Dumont sfata il mito che il nuovo mondo fosse, all'arrivo dei conquistadores, una sorta di paradiso terrestre: basti pensare che alla vigilia della scoperta, nel 1487, gli Atzechi sacrificarono ventimila prigionieri in occasione dell'inaugurazione di un nuovo tempio dedicato al dio colibrì. Ricorda come sia stato proprio Cortes, superata la prima fase della conquista,a promuovere la protezione degli indiani. Dimostra che l'istituto dell'encomendia non si risolse nell'asservimento degli indigeni, ma anzi mirava alla protezione dei loro diritti. Fa notare le inesattezze e le frequenti esagerazioni delle denunzie di Las Casas. Smonta larga parte delle accuse di massacri e nefandezze mosse all'inquisizione spagnola e dimostra come in buona misura fossero missionari indigeni a promuovere l'evangelizzazione dei loro simili, con fede sincera e un fresco entusiasmo che sarebbe riduttivo bollare come superstizione. Ricorda gli enormi contributi recati all'istruzione (gli indigeni infatti ignoravano la ruota, l'aratro pesante, il mantice, la lavorazione del ferro e - per quanto buoni architetti - anche l'arco e la volta; inoltre non navigavano) e alla promozione morale degli indigeni dalla Chiesa cattolica e la grande fioritura di un'arte religiosa indocristiana che attinse alti livelli di spiritualità. Se un rimprovero può essere mosso agli spagnoli - è la tesi, sicuramente contro corrente, avanzata da Dumont - è quello di aver protetto troppo gli indios. Tutelandone l'autogoverno alimentavano anche le loro superstizioni. Un giudizio questo su cui esprime le sue perplessità Tangheroni il quale, citando l'opinione di Pierre Chaunu, difende le nuove leggi emanate da Carlo V a protezione degli indiani come "vittoria della filosofia scolastica cristiana sull'umanesimo pagano rinascimentale, sulle scappatoie offerte dalle categorie greco - aristoteliche applicate agli indiani". E' lo stesso Tangheroni, comunque, il primo a riconoscere che queste riserve, tutto sommato marginali, non inficiano il valore dell'opera di Dumont, che ha il merito, come riconosce lo stesso prefatore, di aver liberato dalle incrostazioni neo illuministe, neo marxiste, disordinatamente ecologiste e terzomondiste (per non dire neopagane) il giudizio sull'evangelizzazione dell'America. Un'epopea che, come ha scritto lo storico messicano Jos Vasconcelos, ha incarnato "il più nobile tipo di crociata umana, universale e generosa che sia esistita".
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